Re-pair è un progetto pensato per le donne che vogliono ricostruire il proprio presente dopo aver vissuto esperienze di disagio estremo come i maltrattamenti, la detenzione, la tratta di esseri umani e la depressione.
Sostenuto dal fondo Otto per Mille della Chiesa Valdese, Re-Pair vuole creare una relazione di fiducia con queste donne dando vita a percorsi che consentano loro di risolvere i propri disagi. Il progetto rappresenta un modo per affrontare le proprie ferite, attraverso un percorso formativo finalizzato all’acquisizione di nuove competenze ma soprattutto alla creazione di relazioni sane per il ritrovamento della propria dignità.
Il percorso si compone di due laboratori per stimolare i processi di socializzazione e dare nuove competenze a questo gruppo di 30 donne, specificamente nel campo della sartoria: uno si svolge nella Sartoria Sociale di Al Revés società cooperativa sociale, che ha sede a Palermo in un bene confiscato alla mafia, l’altro dentro il carcere Pagliarelli di Palermo. Le persone si incontrano in un processo relazionale seguito da operatori sociali e da esperti della manifattura.
Così trovano uno spazio di ascolto e di counseling per le loro problematiche e nello stesso tempo imparano un’abilità artigianale, partecipando a segmenti della produzione, ciascuna secondo le competenze e attitudini individuali: vedono i loro prodotti finiti, che hanno un appeal e una vendibilità e non sono semplicemente lavoretti da hobby. Grazie a questa attività cambiano la propria immagine di sé e ricavano piacere e soddisfazione, sviluppando anche una nuova sensibilità per il riciclo tessile e il consumo critico, in un processo di auto-responsabilizzazione per le proprie azioni.
Il “fare” è, nello stesso tempo, il fine e il mezzo del progetto.
Il lavoro manuale dà la possibilità di avviare tutta una serie di attività trasversali che hanno a che fare con il riscatto personale. Ci sono tante donne che fanno parte di un mondo sommerso fatto di solitudine, isolamento, abbandono, che hanno bisogno di stimoli e spinte per riattivare le loro risorse nascoste.
In ambito carcerario, le beneficiarie del progetto sono donne con un passato da vittime che sono diventate a loro volta carnefici. Spesso hanno subìto episodi di violenza intrafamiliare, oppure sono state coinvolte in attività criminose da uomini che hanno un forte potere persuasivo su di loro. O ancora, si tratta di donne che sin da bambine hanno imparato l’arte di arrangiarsi e poi, piano piano, sono entrate come protagoniste nel giro malavitoso della prostituzione o dello spaccio.
Il lavoro di gruppo ci apre lo spazio per affrontare temi comuni, che riprendiamo poi a livello personale per lavorare sull’empowerment del singolo. Confezionare un abito o un fiore di stoffa sembra un’azione superflua e fine a se stessa, ma non lo è. È la dimostrazione che c’è un posto del mondo dove puoi essere qualcuno.